ANNO ZERO: LIBERTA' DI PAROLA, MAGISTRATI E POLITICI IN TV

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INES TABUSSO
00giovedì 1 novembre 2007 17:13


www.annozero.rai.it/R2_HPprogramma/0,,1067115,00.html

libertà di parola
magistrati e politici in tv

Luciano Violante ha svolto il lavoro di magistrato per 13 anni, fino al 1979. Da allora, cioè da 28 anni, è in politica. Dall’83 è anche docente di istituzioni di diritto e procedura penale.
Da ciò si evince che è uomo espertissimo di legge. E da uomo di legge dovrebbe sapere che non c’è nessuna legge che impedisce ai magistrati di esprimersi in qualunque sede ritengano giusto farlo, sia essa un convegno o una trasmissione televisiva, astenendosi dall’entrare nel merito dei processi che li riguardano.
E sia in un convegno che in una trasmissione televisiva può accadere ad un magistrato italiano di incontrare l’onorevole Violante. Ad esempio i magistrati Francesco Saverio Borrelli, Ilda Boccassini e Carlo Alemi colloquiarono con l’ex-magistrato Violante negli studi de “Il Rosso e il Nero” di Michele Santoro nel 1994 (vedi l'estratto video "Magistrati in TV", in questa pagina).

mms://rntlivewm.rai.it/raidue/annozero/annozero_borrelli311007.wmv

L’anno prima l’on. Violante aveva dialogato nell’aula bunker di Palermo, in diretta su Raiuno, con i magistrati Giancarlo Caselli, Bruno Siclari e altri ancora. Ma prima ancora, nel 1989, Violante partecipò a “Samarcanda” con i giudici Macrì e Arcadi, e con altri magistrati in collegamento da Palermo.
Andando ancora indietro, nel 1981, il giovane parlamentare del partito comunista Luciano Violante parlava "dell’eccesso di presenza dei magistrati nella vita pubblica", e ne parlava naturalmente in pubblico, in un convegno a Roma, con due magistrati, Michele Coiro e Gianfranco Viglietta.
In televisione nel corso degli ultimi venti anni abbiamo visto le interviste registrate o in diretta, oltre ai già citati, a Giovanni Falcone, Paolo Borsellino, Felice Casson, Carlo Palermo, Carlo Nordio, Felice Lima, Paolo Mancuso, Libero Mancuso, Franco Roberti, Tiziana Parenti, Piercamillo Davigo, Gherardo Colombo, Pier Luigi Vigna, Pietro Grasso, e scusate se non nominiamo tutti.
Di solito per definire inopportune le libere manifestazioni di pensiero dei magistrati si fa ricorso una bella quanto misteriosa paroletta: “deontologia”. Ma in nessun codice deontologico di nessuna categoria è previsto il divieto di esprimere le proprie opinioni, perché sarebbe anticostituzionale.
Forse ha semplicemente ragione il giudice Clementina Forleo: “Finché non ci sarà un editto che stabilisca quali magistrati possono parlare e quali non possono, quando possono o non possono farlo, sempre al di là della riservatezza sulle questioni legate agli atti d'ufficio, io riterrò di parlare, come fanno gli altri miei colleghi, assumendomi tutte mie responsabilità”.
E se un giorno un tale scellerato editto dovesse essere emanato, perché non vietare anche a tutti i politici la partecipazione ai talk-show?



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